«Se ti piace metterla in questi termini… sì, proprio
quel tipo di cene. Pensavo di farne una questo sabato. Posso considerarti dei
nostri?».
«Certo, molto
volentieri. Ma posso almeno sapere chi sono gli altri invitati?».
Luisa sogghignò,
pregustandosi l’effetto delle sue parole.
«Certo che puoi
saperlo, perché no?» rispose «Saremo in tre:
tu, io e Fabrizio».
In ultima analisi,
il piano di azione di Luisa prevedeva un avvicinamento progressivo, per gradi,
alla conferenza di mercoledì 13. Avrebbe prima incontrato Fabrizio insieme a
Giulia e solo dopo, in base all’esito della serata, avrebbe deciso quale fosse
l’atteggiamento migliore da tenere verso di lui. Ma non era tutto. Avrebbe
anche approfittato dell’occasione per testare l’insinuazione di Giulia riguardo
ai suoi reali rapporti con lo stesso Fabrizio e con Alessandra. Non che
prestasse fede al discorso del transfert, ma non si sentiva di escludere del
tutto la possibilità dell’esistenza di qualcosa di diverso e ancora da
definire.
E poiché, per una
volta, si sentiva anche soddisfatta di se stessa, decise di ignorare il fatto
di essere carica della spesa e di fare una deviazione per dare un’occhiata
ravvicinata al Ragnarock.
Luisa dovette
tuttavia accontentarsi di una ricognizione esterna, poiché l’interno del pub,
come scoprì non appena vi arrivò davanti, era nascosto alla vista da pannelli
di legno. Si concentrò così dapprima sull’intreccio di motivi zoomorfi a nastro
che decoravano i pannelli stessi riconoscendovi delle figure stilizzate di
drago e di leone, poi salì con lo sguardo
fino all’insegna con la scritta Ragnarock dipinta in vernice rossa, in
caratteri gotici e sulle due r
evidenziate in maiuscolo. Ma ad attirarla fu soprattutto la vista, subito sopra
l’ingresso, del muso di un lupo dalla pelliccia nera e irsuta con le fauci spalancate e gli occhi fiammeggianti.
Era dipinto sul facsimile di uno scudo vichingo, al centro di un cerchio a
doppia contornatura con quattro spirali, e sembrava quasi, pensò Luisa con un
sorriso, la versione vichinga del celebre leone ruggente della MGM. In quanto
al suo significato, non aveva dubbi che si trattasse del lupo Fenrir.
Secondo il racconto
dell’Edda, il lupo Fenrir era stato
a suo tempo legato a una roccia con una sorta di guinzaglio indistruttibile
composto di quattro materiali diversi: rumore di passo di gatto, sputo di
uccello, barba di donna e radici della montagna. E ancora in quel momento,
attendeva da qualche parte nel mondo di sotto l’avvento del Ragnarok (quello
vero, senza la c)
quando, dopo essersi liberato, avrebbe divorato nientemeno che il dio degli dei
Odino, il Padre di Tutto. Nel frattempo, in attesa di quel giorno, i suoi
inutili tentativi di liberarsi dal cappio che lo teneva prigioniero erano la
causa dei terremoti che scuotevano il mondo degli uomini.
Questa parte del labirinto è stata scritta da Ivano
Landi, autore dei romanzi L'Estate dei Fiori Artici e Solve
et Coagula.
Ecco
cosa puoi fare adesso...
- Puoi scegliere come continuare la storia, scegliendo tra uno dei brani qui sotto:
- Il prossimo passo era riaprire la bozza della mail destinata a Fabrizio e portarla a buon fine, trasformando l’invito alla conferenza in un invito a cena che, come lei avrebbe subito chiarito, sarebbe stata a tre. Solo che appena entrata nella pagina della posta, Luisa trovò ad attenderla una mail del tutto inattesa che lo stesso Fabrizio le aveva scritto poche ore prima. La aprì subito, non senza provare una leggera ansia, e la lesse d’un fiato. [continua] (vai alla parte AAAAAAAAAABAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAA di Ivano Landi, clicca sul link)
- Puoi scrivere tu una nuova continuazione (di massimo 500 parole) mandandola a ildedalodellestorie@yahoo.it (le modalità sono descritte nella pagina introduttiva, ricordati di indicare il codice nel titolo di questo post).
- Se, invece, questa parte non ti ha convinto/a o volevi che le cose andassero diversamente, torna al capitolo precedente (ti basta cliccare sul link) e scegli un'altra strada o scrivine una.
Forza
e coraggio, l'avventura nel dedalo continua!
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parte in sé, non per scrivere continuazioni.
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